giovedì 16 giugno 2011

FNS INVITA I SICILIANI A COMMEMORARE IL 66° ANNIVERSARIO DEL SACRIFICIO EVIS

Nella locandina, l'appello che il Fronte Nazionale Siciliano rivolge agli abitanti dell'Isola perché partecipino al ricordo di eventi che hanno insanguinato la Sicilia...







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IL FATTO

"Il 17 giugno 1945, sulla strada che da Randazzo porta al bivio di Bronte-Cesarò, in contrada “Murazzu Ruttu” il motofurgone Guzzi 500, targato EN 234, guidato dal separatista Giuseppe Amato,sul quale viaggiavano il Comandante dell’Evis Mario Turri, il Vice Comandante Carmelo Rosano e i giovani guerriglieri Nino Velis e Giuseppe Lo Giudice, tutti studenti, incappò in un posto di blocco di Carabinieri.

Secondo la versione dei fatti fornita dai militari dell’Arma, il motofurgone all’alt avrebbe rallentato la corsa dando l’impressione di fermarsi. Subito dopo, però, avrebbe accelerato tentando di eludere il blocco. A questo punto, partì un colpo di moschetto, a scopo intimidatorio, da parte dei carabinieri che a piedi inseguirono il mezzo, il quale, improvvisamente si bloccò. Seguì una sparatoria, la cui responsabilità, a seconda delle testimonianze e dei rapporti, viene rimbalzata da una parte all’altra. I Carabinieri asserirono che per primi spararono i separatisti, altre fonti tutt’oggi evidenziano il contrario.

Dopo la sparatoria, a bordo del motofurgone restarono gravemente feriti Antonio Canepa, Carmelo Rosano e Nando Romano, mentre Giuseppe Lo Giudice morì sul colpo. Il Maresciallo Rizzotto e il Carabiniere Calabrese rimasero leggermente feriti. Il Vice Brigadiere Cicciotto non riportò ferite di alcun genere. Pippo Amato, approfittò della confusione del momento per fuggire con il motofurgone verso il centro abitato di Randazzo, probabilmente con la speranza di raggiungere l’ospedale. Il mezzo, tuttavia, come scrivono i militari dell’Arma, si fermò dopo 680 metri dal luogo del conflitto, avendo sbattuto contro un muro in Via Marotta.

Pippo Amato e Nino Velis ebbero modo di dileguarsi. Sul motofurgone abbandonato restarono a lungo i feriti che vennero portati, successivamente, all’ospedale del paese. Canepa morì subito dopo il ricovero, Rosano la stessa sera. A bordo del mezzo furono trovati ordigni, armi, munizioni e la somma di lire 305.000. L’unico ferito ancora in vita, Nando Romano fu, ad un certo punto, ritenuto morto. I Carabinieri si affrettarono a portare via i cadaveri per farli tumulare nel cimitero di Jonia (oggi Giarre).

Il custode del cimitero, Isidoro Privitera, sorpreso per l’insolita procedura e sicuro di avere sentito un lamento, pretese che le casse fossero aperte per una verifica dei cadaveri. Da quel controllo emerse che il Romano era ancora vivo e fu possibile salvargli la vita, riparò nella Legione Straniera."

Brano tratto da un articolo di Salvatore Musumeci vedi link17 Giugno 1945 l’eccidio di stato » Osservatorio Sicilia


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