venerdì 25 luglio 2008

CHE FUTURO PER QUESTA CITTA'?














Sarei curioso di sapere quante cose nuove è riuscito a produrre l'amministrazione barcellonese sostenuta da maggioranza bulgara in consiglio comunale. La città di Barcellona Pozzo di Gotto, in tutto questo tempo, non è ruscita a a dare segni di progresso, a meno che non si consideri tale l'aumento del numero dei supermercati e la disseminazione di baracche di frutta e verdura nei più disparati angoli della città. S'è cercato, è vero, di inserire il mercatino dell'antiquariato, ma dopo diversi anni di stentata presenza, neppure questo è ancora riuscito ad attecchire, visto che due volte al mese vivacchia più per ostentazione che per speranza di buone prospettive. Sono sorti diversi nuovi negozi, in gran parte d'abbigliamento, ma non tutti sono riusciti a sopravvivere. Abbiamo avuto la possibiltà di costruire un palazzo della cultura, ma sembra che debba fare da cattedrale nel deserto. Deserto d'iniziative in qualche modo produttive. Ciò che di buono è stato proposto dalla volenterosa inziativa di giovani è rimasto condizionato, perchè segregato negli ambiti "ncuttufati" dell'Oasi o della vecchia stazione. Le strade - per quanto rinfrancate dal ripristino del manto stradale - rimangono fiancheggiate da marciapiedi obsoleti, spesso resi inutili, tranne che per i posteggiatori ambulanti. Restano nel massimo degrado pure le vie più importanti che, attraversando la città, fanno da raccordo alla strada statale, la quale nel territorio di Barcellona risulta in condizioni sicuramente meno curata che altrove. La differenza si può notare quando da Barcellona si passa nella limitrofa Merì. Agli ingressi della città (provenienze da Palermo e da Messina) il traffico è sempre intasato da lunghe code, senza che si registri la presenza di un vigile urbano, almeno nelle ore di punta. I due unici semafori esistenti, in via Roma, esplicano tutt'al più la funzione di lampeggiatori, senza che anche lì faccia capolino il tanto sospirato controllo. Insomma, sembra questa la città del fai da te, e meno male che spesso i barcellonesi sono in grado di sbrigarsela da soli. Checchè ne dicano i denigratori.
fra' galdino

giovedì 24 luglio 2008

TRASCURARE LA CITTA', PASSI --- MA IL CIMITERO NO!!!


Basta una visita al cimitero "S.Anna" di Barcellona, per indignarsi in maniera irreversibile nei confronti dell'Amministrazione Comunale che, indecorosamente, trascura il monumentale camposanto, lasciandolo aggredire dalle erbacce, in più posti.
Per salvare le apparenze viene curata la zona d'ingresso, mentre molti altri punti rimangono abbandonati, con i contenitori per la raccolta dei fiori secchi stracolmi e diversi vialetti e scalinate ricoperti da sterpaglia.
Stamattina, approfittando dell'ormai inseparabile videocellulare, alla vista di sì triste spettacolo, non ho saputo fare a meno di riprenderne l'immagine, che adesso sento il dovere di evidenziare in questo post, scusandomi per la poco piacevole segnalazione, con tutti i nostri concittadini, e soprattutto con quelli che, vivendo lontano da Barcellona, approfittano del periodo estivo per trascorrere qualche settimana nel paese d'origine e, cogliendone l'occasione, salgono a "S.Anna" per una visitina ai propri cari defunti.

FRA' GALDINO

FINALMENTE SALVI. Recuperati i due alpinisti italiani blocccati sul Nanga Parbat

ROMA - Walter Nones e Simon Kehrer sono salvi. I due alpinisti italiani bloccati da dieci giorni sul Nanga Parbat sono stati condotti al campo base dagli elicotteri pachistani che li hanno recuperati su un pianoro ghiacciato a circa 5.700 metri di quota, un punto che avevano raggiunto in mattinata con gli sci approfittando delle buone condizioni del tempo. I due stanno abbastanza bene, sono molto provati e un po' stanchi. Ora si trovano al campo base, dove ha ripreso a piovere a scrosci, in attesa di essere trasportati in elicottero a Kirghiz.

Nella foto: Karl Unterkircher , l'alpinista italiano caduto in un crepaccio

notizia e foto tratte da Repubblica

mercoledì 23 luglio 2008

SFRATTATO NON INTENDE LASCIARE LA CASA E LO CONTENTANO DANDOGLI GLI ARRESTI DOMICILIARI


Reagisce all'ufficiale giudiziario che intende notificargli lo sfratto, minacciandolo con un'insolita arma, un arco sotteso con freccia. Non intende lasciare la casa in cui finora ha abitato e intima al pubblico ufficiale di allontanarsi se non vuole essere trafitto. Ne nasce un tafferuglio che fa intervenire i carabilnieri, i quali non riuscendo a placare l'ira dello sfrattato sono costretti ad arrestarlo. In attesa di essere giudicato per direttisima, l'irruente uomo è stato lasciato in casa: agli arresti domicillari.Il fatto è avvenuto a Falcone. Protagonista un pensionato di 63 anni, evidente troppo affezionato alla propria abitazione e pobabilmente ultimo epigono del leggendario Robin Hood.

ATTENTI AI BOSCAIOLI, CHE CON L'ACCETTA FANNO TAGLI INDISCRIMINATI


Non sappiamo se il nuovo assessore regionale alla sanità, Massimo Russo, ora che comincia ad entrare nei meccanismi della politica siciliana non abbia cominciato a pentirsi d'avere lasciato, ancorchè provvisoriamente, la strada vecchia (Magistratura) per quella nuova.
Come ogni neofita, il responsabile del delicato settore della salute pubblica e privata, ha iniziato la sua "missione" con una evidente carica di buona volontà, con una serie di sopralluoghi mirati a renderlo edotto delle reali necessità della popolazione.
Inizitiva sicuramente opportuna, nella prospettiva di un inevitabile aggiustamento della baracca, notoriamente bisognosa di drastici interventi.
Troppe spese, malamente effettuate, rischio di bancarotta, necessità di tagli per un ridimemensionamento mediante un accurato piano di rientro.
Tutto ciò postula un impegno che, con il modo di far politica cui ci hanno abituato, rischia di diventare scabroso.
Già un lavoro di sfrondamento era stato avviato dal predecessore La Galla, e per quanto ancora non ufficializzato aveva incontrato forti resistenze per supposte sperequazioni nella distribuzione dei tagli proposti.
Un po' in riga con tale piano, un po' in base a nuovi suggerimenti, l'assessore Russo, nei giorni scorsi, sempre dietro la spinta dell'urgenza imposta dal Governo nazionale, ha cercato di coordinare le sue "misure", che, una volta apprese, sono state però contestate, non soltanto dalle opposizioni, ma anche da una parte degli alleati: in modo particolare dall'Udc, che le ha definite poco chiare ed incoerenti rispetto all'equilibrate enunciazioni iniziali del nuovo assessore.
La polemica, incentrata sull'eccessivo e squilibrato taglio delle guardie mediche , s'è presto accentuata a causa dell'inattesa concessione alle cliniche private, che non essendosi messe in regola entro i termini di legge, avevano perso il diritto all'accreditamento. Una specie di condono per le case di cura escluse, consistente nella riapertura di tali termini.
Nel piano di riassetto, ovviamente oltre agli interventi citati, è inclusa l'operazione di ridimensionamento della spesa ospedaliera mediante la riduzione del numero dei posti letto, del personale, nonchè gli accorpamenti di nosocomi e il rìassesto del 118.
Insomma una serie di operazioni che toccheranno in maniera eclatante anche il territorio di Barcellona, dove soprattutto l'ospedale Cutroni-Zodda da tempo sembra essere preso di mira dai "boscaioli" della sanità, pronti a sfrondare con la loro scure in maniera indiscriminata là dove non c'è alcuna voce in capitolo in difesa della nostra salute

Francesco Cilona

martedì 22 luglio 2008

E' LA SOLITA STORIA DEL POLLO


Nei giornali di oggi è apparso il risultato di uno studio della Banca d’Italia, secondo cui se le donne fossero occupate al pari degli uomini, il Pil in Italia farebbe un balzo del 17%. Il che significherebbe che tutti i problemi di crescita che affliggono la Nazione diventerebbero un ricordo. Lo studio, che naturalmente rimane prettamente teorico, si basa tra l’altro su accurati confronti con le situazioni occupazionali di altri paesi, che fanno registrare un ridotto dislivello tra l’impiego lavorativo dei due sessi. Sull’onda di tali evidenze si crea una specie di consecutio che tradotta in Euro –sempre teoricamente – porta la grande fuga dalla stagnazione italiana a cifre multimiliardarie (260 miliardi di euro); “un vero e proprio tesoro – si legge per esempio su Repubblica – che vale come una valanga di pluristangate o migliaia di lotterie di Capodanno. Per avere un’idea più concreta: grosso modo è come tutto il sommerso. Ben 60 volte il taglio dell’Ici, eccetera, eccetera”.

Una specie di libro dei sogni, di cui, guarda un po’, viene dato il diritto d’autore ad una crescita teorica dell’ingresso femminile nel mercato del lavoro. A parte che lo studio elaborato dalla banca d’Italia è molto più complesso di quanto viene riferito dai giornali e ciò che i giornali riportano è più articolato di quanto qui stiamo scrivendo, una cosa in più in questa occasione ci sembra opportuno dire o chiedere: a quanto ammonterebbe il balzo del Pil, se entrassero attivamente nel mercato del lavoro tutti i giovani (maschi e femmine) attualmente disoccupati? Sicuramente sarebbe un’esplosione “Pillica”, visto che la percentuale di disoccupazione della categoria giovani è di gran lunga superiore a quella riguardante la categoria donne. Secondo lo studio di cui sopra, infatti risulta che attualmente il tasso di occupazione femminile è pari al 46,6%, percentuale che invece i giovani, soprattutto nel meridione, non possono che sognare. E neppure sognare, stanti le prospettive offerte dalla scure di Tremonti, i cui tagli subisseranno i nostri giovani. Maschi e femmine. Un solo esempio e chiudo: sempre su Repubblica – edizione siciliana del 20 luglio – leggo: “Il governo taglia mille insegnanti di sostegno. Restano senza aiuto in classe 1700 alunni disabili”: E guarda caso, oltre il 90% sono ragazze con lavoro precario. Più contraddizione di così, per far crescere il Pil? Ah, dimenticavo: nella nostra provincia, perderanno il posto 166 giovani.

Francesco Cilona

lunedì 21 luglio 2008

IL DITO DEL SENATUR E I NOSTRI SMBOLI



Insomma, sarà vero che lo Stato Italiano starebbe andando verso lo sfascio; sarà vero che, anche se l’Italia è stata fatta – e con modi e mezzi ritenuti discutibili – dopo ben centocinquant’anni dall’Unione, bisognerebbe ancora fare gli Italiani; sarà vero che occorrerebbero interventi per raddrizzare una strada che, così com’è, porta male.
Potrebbe essere tutto vero, ma assistere alle ormai indigeste sparate del senatur non è certo producente: né per l’Italia, né per lo stesso Bossi.
Che bene vogliamo che porti un “politico”, che pur continuando a mangiare alle spalle dell’Italia, non si vergogna di sputare nel piatto - d’oro – ch’Essa gli porge!
Quel “ministro d’Italia” continua a mangiare, ma s’imbratta il muso e se lo pulisce con il tricolore. Anzi, addirittura grida che non solo il muso vuole detergersi, ma anche il sedere, con il tricolore. E non si ferma a tali sconcezze, perché il suo dito sporco di cacca osa persino alzarlo per denigrare un altro simbolo di quest’Italia che - per quanto immiserita dai suoi uomini politici - è sempre la nostra Patria.
Può darsi che l’inno di Mameli non piaccia a molti, potrebbero non piacere certi versi in esso contenuti perché ormai anacronistici , ma finché quelle parole fanno parte di quella marcetta che sentiamo squillare nelle più importanti manifestazioni, siano esse patriottiche, siano esse sportive , “Fratelli d’Italia” continua ad essere il simbolo della nostra Nazione. Che non possiamo denigrare, anche per salvare la faccia davanti agli occhi del mondo.
Se qualche rappresentante di Stato straniero si azzarda a criticarci, subito salta fuori il falso orgoglio e , insultando chi ci ha offeso, reclamiamo addirittura le scuse del capo di quello Stato.
Mentre, per un nostro “senatur” che, per tornaconto politico, blatera e sporca i nostri simboli e la nostra stessa Italia, finora ci si è passati sopra, perché “bisognava comprenderne il carattere, essendo lui fatto così :una specie di cane che abbaia senza mordere”.
Ma siamo sicuri che non morde?
E se invece mozzicasse e, mozzica oggi e mozzica domani, finisse con lacerare e ridurre a brandelli quest’Italia, che cosa poi ci resterebbe da fare.
Ed è forse per questo timore che si è giunti al punto che, alla Camera dei deputati, trasversalmente si è alzato un grido di protesta contro il debordare di Bossi.
Troppo l'indice alzato di Bossi relativo all'Inno di Mameli. Troppo l'insulto agli "insegnanti meridionali".
A Montecitorio il presidente Fini ha "severamente" ricordato al ministro leghista quali sono i suoi obblighi istituzionali e, rispondendo alle proteste per il comportamento di Bossi, ha affermato di non avere difficoltà a dire "che quando si agisce in nome della Repubblica, nessuno, men che meno un ministro, può permettersi di offendere il sentimento nazionaledi cui anche l'inno fa parte". Poi rivolgendosi direttamente a Bossi si è detto "sicuro che l'onorevole di cui tutti, seppure in momenti diversi, abbiamo apprezzato la passione e l'intelligenza politica, saprà trovare nelle prossime ore l'occasione per precisare il suo pensiero".
Intanto, da parte della maggioranza, si cerca di rattoppare l'antipatica situazione con il solito giochino delle tre carte, affidando a tavolino due interventi ad hoc: uno a Bocchino, di attacco al comportamento di Bossi, e l'altro a Cicchitto che smorzasse tale attacco, assicurando al "senatur" che il Pdl "confema l'alleanza politica con la Lega".
E così torniamo alle solite pantomime, che servono solo a dimostrare che si torna a "cantare" sulle note della più famosa opera di Leoncavallo.
E non più su quelle dell'inno "Fratelli d'Italia".

Fra' Galdino

domenica 20 luglio 2008

Don Raffaele e Don Michele a confronto.



C'era una volta, a Barcellona, un signore di nome Michele. Faceva il regista, e pur avendo la stoffa per potersi affermare in campo nazionale non volle mai allontanarsi dalla sua città: perchè si sentiva legato alla sua terra d'origine ed anche ai suoi interessi di proprietario terriero. Il suo cognome, è superfluo ricordarlo, perchè tutti avranno capito che sto parlando di Michele Stylo, un liberale tutto sui generis che non disdegnava difendere l'era borbonica: o meglio un borbonico sui generis che non rinunciava a "fare" il liberale, anzi il capo dei liberali dei suoi ultimi tempi. Lui capiva una cosa sola: che la vera libertà si attinge nell'Arte e che nessuna costrizione deve impedire il progresso dell'Arte.
Per questo, per esempio, dalla sua radio Barcellona, reclamò sempre la rinascita del Teatro Mandanici, e costantemente osteggiò la presenza dei pseudoportici costruiti sul "sacro suolo" di quel teatro distrutto, per violentare qualsiasi nostalgia di ripristino. Libertà quindi d'espressione fino alla massima conseguenza. E non ebbe remore neppure quando sentì il bisogno di esprimere il proprio pensiero polemico in una lettera aperta ad un magistrato. Perchè lui era fatto così: quello che sentiva di dovere dire non era capace di tenerselo dentro. Non credeva all'unità d'Italia, perchè era convinto che non era nata per libera scelta di un popolo desideroso di compattarsi. E sicuramente fu più spontaneo - perchè meno politicizzato - di don Raffaele, il nostro nuovo governatore che, guarda caso, proprio in questi giorni, ha affermato che non si sente di festeggiare l'unità d'Italia, allorché sarà commemorato il suo 150° anniversario.
E sappiamo perchè Lombardo si esprime così: perché l'unificazione sarebbe stata la causa del peggioramento delle condizioni del Mezzogiorno e del conseguente squilibrio tra Nord e Sud. Infatti, dice Raffaele Lombardo, "nessuno può negare che gli eredi degli emigranti pre-unità parlano il veneto, il friulano, il piemontese; mentre gli eredi degli emigranti post unità e di dopo le due guerre mondiali parlano pugliese, calabrese, siciliano..."
Il che significherebbe - secondo il capo dell'Mpa - che l'Unità e le due grandi guerre avrebbero immiserito il Meridione, tanto da indurre i suoi figli a cercare pane in terra straniera.
E' probabile che un fondo di verità storica ci sia...
Tuttavia - forzata o no - l'Unità ormai c'è e disfarla sarebbe un gravissimo errore.
E il discorso vale per gli autonomisti del sud e i per secessionisti del nord, i quali non dovrebbero dimenticare che, se ancora non si è riusciti a fare gli Italiani, la responsabilità è di tutti, ed in modo particolare dei politici che, da dovunque provengano, una volta conquistata una poltrona, si dimenticano della propria origine e del proprio elettorato.

Francesco Cilona

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