venerdì 26 dicembre 2008

::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: 28 dicembre 1908 :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: ancora poche ore ed è stato il finimondo

Domenica prossima sarà il centesimo anniversario della fatidica data . Siccome prrevedo che sabato e domenica saremo inondati di servizi commemorativi, ho preferito fare un anteprima per gli amici di barcellonablog, sperando che la mia "prescia" non sia inaccettabile.


























































M
olte nazioni nel mondo, l'Italia compresa, appresero del terremoto del 28 dicembre 1908
dalla strumentazione scientifica allora disponibile, senza però sapere subito nè l'ubicazione nè la portata degli effetti.. Furono infatti i sismografi a mettere in evidenza la grande intensità del fenomeno, senza tuttavia consentire agli specialisti d'individuare con altrettanta certezza la specifica localizzazione.
La prima notizia ufficiale del disastro fu trasmessa dal comandante della torpediniera Spica, che dal porto di Messina, in cui la nave si trovava ancorata durante il terremoto, dovette raggiungere Marina di Nicotera, in Calabria, per potere fruire di un ufficio telegrafico funzionante da dove trasmettere, alle ore 17,25 - quindi dodici ore dopo il terremoto - un dispaccio in cui s'informava che la città di Messina era stata distrutta.
Era di lunedì, quel 28 dicembre del 1908, quando alle ore 5,21, mentre la città era immersa nel sonno, un violentissimo terremoto, che raggiunse il decimo grado della scala Mercalli, seguito da uno spaventoso maremoto, non solo rase al suolo la città d Messina, ma sconvolse molti centri delle coste siciliana e calabrese. In parallelo a Messina, l'altra città dello Stretto - Reggio Calabria - riportò anch'essa danni incalcolabili. Il sisma e lo tsunami, a Messina, furono seguiti da diversi incendi devastanti, causati e alimentati dalla rottura delle condutture del gas. I danni, come è stato ricordato in un precedente post, furono immensi, sia per la distruzione di edifici e altre strutture, sia per la perdta di vite umane. Grandisimo inoltre fu il numero dei feriti ed enormi le difficoltà nella molteplice opera di soccorso.
Questo il sommario bilancio delle vittime: a Messina persero la vita circa ottantamila dei centotrentamila abitanti, mentre i morti di Reggio, che contava una popolazione di 80.000 abitanti, furono circa 15.000.
I primi soccorsi, a Messina, furono portati dai marinai delle navi militari che si trovavano alla fonda nel porto peloritano. Successivamente, nella mattinata del 29, giunsero altre navi, russe ed inglesi, ancorate in porti non distanti. Alcuni equipaggi furono immediatamente impiegati nel difficile penoso compito di estrarre dalle macerie i feriti e di raccogliere i superstiti per allontanarli dalla disastrata città. Nei primi momenti d'emergenza i soccorritori dovettero assumersi anche compito di polizia, per impedire atti di sciacalaggio. Intanto, in seguito alle informazioni sull'accaduto, il Comando di Stato Maggiore dell'Esercito ordinò il dirottamento verso la rada di Messina delle navi in navigazione nel mare di Sardegna, mentre i vari ministeri si muovevano per fare raggiumgere la zona disastrata da propri rappresentanti. Le navi italiane, giunte nello stretto di Messina, trovarono il porto siciliano già ingombro, per il precedente afflusso di altri natanti, giunti tra i primi in soccorso, e ciò le costrinse a sistemarsi in terza fila: e non mancarono, in seguito, le critiche per i ritardi e per supposte discrasie nel coordinamento dei soccorsi.Venute a conoscenza della gravità del disastroso evento, molti paesi fecero a gara per organizzare raccolte di beneficienza e mandare aiuti, per un primo sollievo tra gli sventurati profughi siciliani e calabresi. Si racconta che soltanto l'Austria si sia tenuta indietro, avendo il dente avvelenato con l'Italia per i vecchi dissidi collegati all'unificazione del popolo italiano. Addirittura ci fu un giornale che, riportando la notizia del disastro, ebbe lo spudorato coraggio di sollecitare il Governo austriaco a scatenare una guerra preventiva contro l'Italia, approfittando dell'occasione propizia, determinata dalle difficoltà causate dal terremoto. Gli interventi, nei giorni seguenti, s'incrementarono, col sopraggiungere di altri soccorritori, man mano sempre meglio organizzati. Il personale impiegato dall'esercito ebbe il difficile compito di spegnere incendi, cercare superstiti, distribuire viveri, recuperare valori e documenti sepolti, trasportare materiale per la costruzione di tendopoli, baracche, ospedali da campo, riattare strade, acquedotti, linee elettriche e ferroviarie, cercare di mettere ordine nel marasma creato dai profughi in fuga, soprattutto nelle stazioni ferroviarie prese d'assalto. Numerosissimi i centri, grandi e piccoli, raggiunti da squadre di soccorso, nelle fasce costiere e collinari delle due province di Messina e Reggio Calabria, molti dei quali colpiti duramente dal sisma. Nella nostra zona, tra gli altri paesi bisognosi d'aiuto, ci furono Milazzo, Barcellona, Castroreale.
A Messina, per affrontare la necessità di ricovero della popolazione disastrata si provvide alla erezione di baraccopoli, veri e propri quartieri provvisori cui furono dati i nomi di Stati o Regioni che avevano contribuito col loro tangibile aiuto alla costruzione. Uno di essi fu denominato "Regina Elena", in segno di riconoscenza verso la moglie di Vittorio Emanuele terzo, che sin da subito scese tra i terremotati concorrendo nell'opera d'assistenza. Cosa che in maniera encomiabile fece con l'aiuto delle crocerossine, istituendo un efficiente ospedale a bordo di una nave.
"Non mancarono comunque polemiche. Alcune testate giornalistiche, criticando i provvedimenti finanziari adottati ed in particolare l’inasprimento delle tasse, accusarono il governo di aver speso molto e destinato male i fondi raccolti in occasione dei terremoti degli anni precedenti senza peraltro portare benefici alle popolazioni danneggiate.
Altri giornali, tra cui il “Tempo”, attribuirono poi ai Comandi militari gravi colpe: parziale incapacità nella gestione degli interventi di soccorso, confusione burocratica e ritardi nella distribuzione locale delle risorse, inefficienza e ritardi anche nelle azioni di recupero e riconoscimento delle salme. Ulteriori attacchi furono portati contro la Marina italiana in quanto giudicata meno sollecita e pronta ad affrontare gli eventi rispetto alla capacità ed alla funzionalità dimostrata dalle squadre navali straniere, facendo in ciò esplicito riferimento a quelle russa, inglese, francese e tedesca. Il “Giornale di Sicilia” lamentò anche manchevolezze nella distribuzione di viveri e di generi di conforto, nonché difficoltà procedurali nell’erogazione degli aiuti."
Furono polemiche che , a poco a poco, si affievolirono, come sempre accade quando il tempo è trascorso sugli eventi del mondo, anche su quelli più dolorosi e spettacolari. Adesso che sono trascorsi cent'anni da quel terribile sconquasso, non dimentichiamo che nel decorso secolo Messina, ricostruita secondo nuovi criteri antisismici, ha rischiato di soccomberre una seconda volta, durante l'ultima guerra mondiale, ferocemente bombardata dagli alleati angloamericani. Ma anche allora è risorta, senza tuttavia riuscire a liberarsi di una brutta afflizione, per l'esistenza delle baracche, dopo un secolo dalla loro costruzione: triste ricordo di quel lontano 28 dicembre e vergognoso segno dell'incuria in cui è lasciata la parte più povera della popolazione messinese.

Parzialmente attinto in: www.cronologia.virgilio.it


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Cicciu,ottima e tempestiva sintesi di un dramma,che è ancora significativamente visibile.Speriamo che serva come memento e prevenzione.
Buon Anno a te e al tuo importante blog.Franz

Anonimo ha detto...

Grazie Franz. Mi commuovi.

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