lunedì 21 luglio 2008

IL DITO DEL SENATUR E I NOSTRI SMBOLI



Insomma, sarà vero che lo Stato Italiano starebbe andando verso lo sfascio; sarà vero che, anche se l’Italia è stata fatta – e con modi e mezzi ritenuti discutibili – dopo ben centocinquant’anni dall’Unione, bisognerebbe ancora fare gli Italiani; sarà vero che occorrerebbero interventi per raddrizzare una strada che, così com’è, porta male.
Potrebbe essere tutto vero, ma assistere alle ormai indigeste sparate del senatur non è certo producente: né per l’Italia, né per lo stesso Bossi.
Che bene vogliamo che porti un “politico”, che pur continuando a mangiare alle spalle dell’Italia, non si vergogna di sputare nel piatto - d’oro – ch’Essa gli porge!
Quel “ministro d’Italia” continua a mangiare, ma s’imbratta il muso e se lo pulisce con il tricolore. Anzi, addirittura grida che non solo il muso vuole detergersi, ma anche il sedere, con il tricolore. E non si ferma a tali sconcezze, perché il suo dito sporco di cacca osa persino alzarlo per denigrare un altro simbolo di quest’Italia che - per quanto immiserita dai suoi uomini politici - è sempre la nostra Patria.
Può darsi che l’inno di Mameli non piaccia a molti, potrebbero non piacere certi versi in esso contenuti perché ormai anacronistici , ma finché quelle parole fanno parte di quella marcetta che sentiamo squillare nelle più importanti manifestazioni, siano esse patriottiche, siano esse sportive , “Fratelli d’Italia” continua ad essere il simbolo della nostra Nazione. Che non possiamo denigrare, anche per salvare la faccia davanti agli occhi del mondo.
Se qualche rappresentante di Stato straniero si azzarda a criticarci, subito salta fuori il falso orgoglio e , insultando chi ci ha offeso, reclamiamo addirittura le scuse del capo di quello Stato.
Mentre, per un nostro “senatur” che, per tornaconto politico, blatera e sporca i nostri simboli e la nostra stessa Italia, finora ci si è passati sopra, perché “bisognava comprenderne il carattere, essendo lui fatto così :una specie di cane che abbaia senza mordere”.
Ma siamo sicuri che non morde?
E se invece mozzicasse e, mozzica oggi e mozzica domani, finisse con lacerare e ridurre a brandelli quest’Italia, che cosa poi ci resterebbe da fare.
Ed è forse per questo timore che si è giunti al punto che, alla Camera dei deputati, trasversalmente si è alzato un grido di protesta contro il debordare di Bossi.
Troppo l'indice alzato di Bossi relativo all'Inno di Mameli. Troppo l'insulto agli "insegnanti meridionali".
A Montecitorio il presidente Fini ha "severamente" ricordato al ministro leghista quali sono i suoi obblighi istituzionali e, rispondendo alle proteste per il comportamento di Bossi, ha affermato di non avere difficoltà a dire "che quando si agisce in nome della Repubblica, nessuno, men che meno un ministro, può permettersi di offendere il sentimento nazionaledi cui anche l'inno fa parte". Poi rivolgendosi direttamente a Bossi si è detto "sicuro che l'onorevole di cui tutti, seppure in momenti diversi, abbiamo apprezzato la passione e l'intelligenza politica, saprà trovare nelle prossime ore l'occasione per precisare il suo pensiero".
Intanto, da parte della maggioranza, si cerca di rattoppare l'antipatica situazione con il solito giochino delle tre carte, affidando a tavolino due interventi ad hoc: uno a Bocchino, di attacco al comportamento di Bossi, e l'altro a Cicchitto che smorzasse tale attacco, assicurando al "senatur" che il Pdl "confema l'alleanza politica con la Lega".
E così torniamo alle solite pantomime, che servono solo a dimostrare che si torna a "cantare" sulle note della più famosa opera di Leoncavallo.
E non più su quelle dell'inno "Fratelli d'Italia".

Fra' Galdino

1 commento:

Anonimo ha detto...

Secondo me Bossi stava cercando di comunicare col suo fedelissimo alleato siciliano Lombardo.
Ed in un impeto di sincerità gli mostra il dito medio sulle note dell'inno di mameli e gli trasmette qualche pensierino sugli insegnanti del sud.
Su queste cose sarebbe necessario un pubblico dibattito a cui invitare i leghisti nostrani.
Sconsolato mando i più fervidi auguri affinchè i meridionali finalmente aprano gli occhi.
Peppino

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