mercoledì 11 giugno 2008

NON SONO POCHI GLI AMBIENTI SCOLASTICI SOGGETTI AD INQUINAMENTO ATMOSFERICO.




Uno studio italiano mostra che la qualità dell’aria che bambini e ragazzi respirano nelle loro aule scolastiche è ricca di inquinanti. Lo studio si colloca all’interno di un’iniziativa tesa a promuovere un miglioramento della qualità dell’aria nelle classi, che tiene conto del fatto che la qualità dell’aria interna influenza fortemente la funzionalità respiratoria.
Una ricerca nelle aule di cinque Paesi europei ha infatti rilevato percentuali di CO2 (anidride carbonica) e PM10 (polveri sottili) superiori agli standard di qualità dell'aria. L'indagine, presentata da una ricercatrice del Cnr, la dott. Marzia Simoni, ha evidenziato in particolare una maggiore soggezione dei bambini esposti a patologie allergiche e respiratorie.
Più di due scolari su tre, in Europa, sono esposti ad elevati livelli di anidride carbonica e polveri inalabili. L'allarme è sorto al congresso annuale dell'European Respiratory Society (ERS), presieduta dal prof. Giovanni Viegi dell'Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IFC-CNR) di Pisa, dove sono stati presentati i risultati di uno studio pilota internazionale, che include oltre 500 bambini residenti in cinque Paesi europei. I dati sono stati presentati anche a Firenze durante il Congresso Nazionale della Pneumologia, organizzato dalla Società Italiana di Medicina Respiratoria.
"La conseguenza prevedibile, ma anche allarmante, di questa situazione - ha spiegato la ricercatrice - è che i bambini in aule scolastiche con elevati livelli di inquinamento riportano con maggior prevalenza sibili, tosse secca notturna e rinite, se paragonati ai bambini esposti a livelli bassi. In particolare, i bambini esposti ad elevati livelli di CO2 hanno un rischio superiore di circa 3,5 volte di riportare tosse secca notturna e di circa 2 volte maggiore di soffrire di rinite, rispetto a quelli esposti a bassi livelli. Nei bambini esposti ad elevate concentrazioni di PM10, invece, è stata misurata una pervietà nasale media (aree minime di sezione delle fosse nasali) significativamente inferiore, del 9% anteriormente e del 19% posteriormente, rispetto a bambini esposti a bassi livelli”.

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