lunedì 24 settembre 2007

MOLINO SINDACO SUL FILO DI LANA





L’insolita battaglia consiliare della notte tra il due e il tre novembre (’93) ebbe un lungo strascico, che si protrasse per circa tre mesi.
L’uscita dall’aula, allo scoccare della mezzanotte, del gruppo santalchiano ( compreso il presidente del consiglio) seguito dal segretario comunale, e la immediata ripresa della riunione da parte dei 21 consiglieri “trasversali”, rimasti per eleggere all’unanimità Roberto Molino “sindaco”, diede subito la stura ad un groviglio di polemiche e contestazioni, talmente eclatanti da suscitare un vero e proprio caso politico con risvolti regionali. Quella notte era sorto un insolito dilemma: sarebbe stato ancora una volta il senatore Santalco a cantare vittoria nella città in cui aveva “regnato” per trentasette anni, o la sua lunga permanenza sarebbe stata scalzata da un gruppetto di contestatori del suo stesso partito che, negli ultimi tempi, aveva cominciato a dare segni d’insofferenza?
Intanto, per prima cosa, bisognava stabilire se l’elezione di Molino rientrava nei parametri della legalità. Per i santalchiani quella elezione era stata un’inqualificabile farsa, recitata fuori tempo e fuori luogo da un pugno di “traditori”, strumentalizzati dalle minoranze.
Un “insulto” che Molino respingeva al mittente, convinto d’avere correttamente partecipato ad un’operazione politica intesa a togliere la città. da una situazione divenuta ormai obsoleta.
Comunque, per il gruppo fedele a Santalco, l’elezione di Molino non era valida e quindi il suo insediamento a sindaco non sarebbe mai avvenuto. Da parte sua Molino, anche se l’elezione era avvenuta sul filo dei minuti, riteneva che la validità della delibera sarebbe stata sancita dagli organi competenti della Regione Siciliana..
Intanto esprimeva viva soddisfazione per la valenza politica del risultato, da lui definito, in un’intervista, “di carattere straordinario, perché per la prima volta un sindaco e una giunta erano stati decisi al di fuori delle segreterie politiche, ed in particolare della segreteria Santalco: insomma era nato un modo nuovo di fare politica”. Dopo avere espresso un giudizio estremamente negativo nei confronti del presidente del consiglio, Carmelo Torre, che “anziché essere sopra le parti e consentire che alla fine si svolgessero regolarmente le votazioni”, avrebbe fatto di tutto per avvantaggiare il suo partito con interventi dilatori lesivi dei diritti di una maggioranza con un programma atto a governare la città”, il “sindaco contestato” si diceva pronto ad andare fino in fondo con eventuali ricorsi, sul piano amministrativo e, se necessario, addirittura alla Magistratura, per una verifica sulla legalità dei comportamenti registrati in aula, durante la riunione del 2 novembre.
Nell’infuocato dibattito, suscitato dall’agitata seduta consiliare, tra i primi a intervenire fu allora il consigliere provinciale del Pds, Vito Siracusa, che giudicò la vicenda consiliare della notte del 2 novembre, “il fatto politico più rilevante e, per certi aspetti, storico degli ultimi 37 anni di vita politico-amministrativa a Barcellona, perché offriva la possibilità di un cambiamento profondo e di un’aggregazione basata su scelte programmatiche rinnovatrici”. “Su questo solco storico, tracciato in consiglio comunale – auspicava Siracusa – sarebbe occorso che la parte sana della città, abbandonando ogni pregiudizio, si muovesse per costruire un argine contro il vecchiume, lo strapotere e i privilegi “. Se tale argine ci sia stato, tutti lo sanno, ma nessuno lo dice.
(Nelle foto: Molino e Siracusa)

Francesco Cilona

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