martedì 19 giugno 2007

LA CITTA' CHE SI SBRICIOLA

Come già era accaduto nella villa "liberty", ad angolo tra la via Roma e la via Operai, sta adesso avvenendo nella stessa strada che fu già denominata "via del Littorio", nello storico palazzo Nicolaci, che fa angolo con Piazza Libertà.
I cornicioni dell'edificio cadono a pezzi e bisogna intervenire subito per un restauro, oltre che per togliere ogni pericolo. Anche perchè c'è un patrimonio di portata storica da salvare.
Il valore intrinseco dell'edificio va riferito sia alla sua valenza architettonica, sia alle vicissitudini ad esso legate. Perchè bisogna ricordare, a chi potrebbe essere corto di memoria, e fare conoscere a chi non è vissuto nell'era fascista, che il bel palazzo che vediamo nella foto, fu la nobile dimora del Conte Silvestro Nicolaci, il primo podestà della città di Barcelona Pozzo di Gotto e successivamente il segretario politico del PNF, cioè il massimo gerarca cittadino, il cui atteggiamento fu intransigentemente ispirato allo stile dell'epoca.
In realtà tale comportamento fu più formale che sostanziale, tanto da fare affermare allo storico Nello Cassata che "durante il regime ventennale le gerarchie locali non svolsero azione persecutoria, come metodo politico, anche se certi atteggiamenti (lo stile) non potevano prescindere dal clima dei tempi". "In particolare, è sempre la penna di Nello Cassata, i podestà Nicolaci, Bonanno, Duci e Bonomo si distinsero per il loro comportamento corretto verso la popolazione e l'amministrazione, senza abusare mai del potere".
Nello stesso libro di storia municipale, l'autore fa cenno a due aneddoti su Nicolaci: "un cavalleresco e romantico duello" tra il conte ed un professore che aveva osato non levarsi in piedi all'inno di "Giovinezza" e una specie di "ritornello" che, secondo una barzelletta, il conte Nicolaci era solito ripetere quando gli si parlava dei bisogni della città: "Barcellona, vivaddio, non ha bisogno di nulla. Si tratta - sosteneva il conte - delle solite malignità delle quali non si salva nessun genere politico d'amministrazione".
Ma risposte come questa, quanti politici non le danno, oggi che siamo in tempi di democrazia?
Tuttavia, lo ricordiamo anche noi (allora piccoli balilla) il timore che quel panciuto gerarca ci incuteva tutte le volte che passavamo davanti alla sede del fascio, ubicata in via Operai, dove adesso si apre l'ingresso del "Monte dei Paschi di Siena".
La porta principale della sede era sempre spalancata e, da fuori, il passante veniva colpito da un gigantografico "duce" dallo sguardo fulminante.
Per il conte Nicolaci, sempre presente nella casa del fascio, commetteva un oltraggio a quella figura chi si permetteva di passare sul quel marciapiedi e non alzava il braccio per salutare con un "alalà".
Ricordo che una volta, me bambino, rimproverandomi di non avere fatto il saluto, mi fece tornare indietro per "insegnarmi" come fascistamente dovevo comportarmi.
Un'esperienza simile deve averla avuta, da ragazzo, pure l'amico Michele Stilo - ve lo ricordate il bravo regista barcellonese? - se ha potuto scrivere sul volume "Barcellona un tempo" curato dalla Corda Fratres: "il gerarca di turno t'incontrava per strada con la giacca orbata dalla "cimice" (il distintivo del P.N.F.) e tu eri costretto ad attendere che arrivasse all'ultimo grano del suo oceanico rosario-cicchetto per proseguire verso la tua meta".
Ma va là, era solo questione di "stile", caro amico "Stilo".

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